Volgarizzamenti del Due e Trecento by Aa. Vv

Volgarizzamenti del Due e Trecento by Aa. Vv

autore:Aa. Vv. [Vv., Aa.]
La lingua: eng
Format: epub
editore: UTET
pubblicato: 2012-12-31T23:00:00+00:00


Volgarizzamenti ciceroniani

di Brunetto Latini.

NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA

Lo stoicismo moderato, la proclamazione del libero arbitrio e dell’immortalità dell’anima, gli argomenti deistici dell’opera filosofica di Cicerone piacquero ai primi apologeti cristiani, che sentirono lo scrittore latino, fino alle porte della rivelazione, assai vicino a sé; mentre della parte negativa della sua dottrina potevano usufruire contro lo stesso paganesimo. Così Minucio Felice e Lattanzio utilizzano le impostazioni e i modu’i stilistici ciceroniani, e con S. Ambrogio si assiste alla progressiva assimilazione della morale e dello stile ciceroniani in senso cristiano (De officiis ministrorum). A Cicerone S. Agostino si dichiara debitore della sua stessa conversione; ma la lotta contro il pelagianesimo lo spinge ad un maggior rigore nel chiarire la frattura tra paganesimo e cristianesimo; rigore che non diminuirà l’influsso del pensiero ciceroniano, ma ne permetterà L’azione più attraverso la mediazione patristica che direttamente. Resta vivo il nome di Tullio negli studi retorici, che il suo nome sintetizza per antonomasia (con maggior luce, naturalmente, durante la Rinascenza carolingia, quando Alcuino lo prende a modello per le sue opere retoriche, e Hadoardus e Sedulio Scotto e altri ne traggono excerpta); sì che Eginardo e Liutprando e Alfano son fieri di imitarlo; ma in genere lettere e orazioni sono poco conosciute, salvo eccezioni, come per Beda; e le opere filosofiche sono spesso note di seconda mano. Queste ultime acquistano nuova fortuna durante il periodo scolastico, con Abelardo, S. Tommaso, Giovanni da Salisbury, Gilberto Porretano, Guglielmo di Perrault, Vincenzo di Beauvais, fino al Moralium dogma di Guglielmo de Conches. La passione per Cicerone caratterizza l’umanesimo (il «ciceronianismo»): Cicerone, il rappresentante più puro della prosa latina, il maestro dell’ndividualismo, viene visto storicamente e apprezzato nei valori estetici; è un movimento – e ne fa parte la ricerca, nelle biblioteche, delle sue opere meno note – che viene iniziato dal Petrarca (cfr. SCHANZ-HOSIUS, I, pp. 544-547; A. HORTIS, M. T. C. nelle opere del Petrarca e del Boccaccio, Trieste, 1878; GRAF, pp. 567-573; E. NORDEN, Die antike Kunstprosa, Leipzig, 1898, II, pp. 708-710; R. SABBADINI, Storia del ciceronianismo e di altre questioni letterarie nell’età della Rinascenza, Torino, 1885; T. ZIELINSKI, Cicero im Wandel der Jahrhunderte, Leipzig-Berhn, 19123).

Ma se ne hanno le avvisaglie nel Duecento: più che nella traduzione di opere retoriche, come quella francese di Jean d’Antioche del 1282 (cfr. L. DELISLE, Notice sur la Rhétorique de C. traduite par Maître J. d’A., «Notices et Extr. des Manuscr. de la Bibl. Nation.», XXXVI, 1899; ID., Maître Jean d’Antioche traducteur et Frère Guillaume de Saint-Étienne hospitalier, «Hist. Litt. France», XXXIII, 1906, pp. 1-40), in quella delle orazioni, ch’è uno dei meriti di Brunetto Latini (su cui cfr. p. 61). E certo, all’alba della nostra letteratura, Brunetto è il principale volgarizzatore di Cicerone; anche se gli andrebbe unito fra’ Guidotto da Bologna che, volgarizzando la Rhetorica ad Herennium, la considerava, come i suoi contemporanei, ciceroniana (Il Fiore di Rettorica di frate G. da B. posto in luce da B. GAMBA, Venezia, 1821 [altre edizioni in ZAMBRINI, coll. 499-500]). Ma la questione di Guidotto



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